lunedì 27 dicembre 2010

Blake Edwards, Mito Intramontabile

Il Kinetoscopio rende omaggio a Blake Edwards, regista statunitense scomparso in questi giorni, Edwards è giustamente considerato uno dei Maestri della Commedia, al pari di gente come Billy Wilder e Howard Hawks.
Dopo un inizio da regista per commedie musicali, Edwards dirige il celebre Colazione da Tiffany (1961), commedia romantica con un'immensa Audrey Hepburn. La pellicola conquisterà ben due Oscar (miglior canzone e miglior colonna sonora). 

Da segnalare anche il drammatico Il Giorno del Vino e delle Rose con un bravissimo Jack Lemmon, film del 1963 in cui i protagonisti sono una coppia di alcolisti. Anche in questo caso il regista dimostra di avere stoffa da vendere, riuscendo a creare un film intenso e molto coinvolgente. 
Uno dei film più importanti del regista resta però La Pantera Rosa (1963) con il tema composto da Henry Mancini (che ha collaborato come musicista in quasi tutti i film di Edwards). Nel film Peter Sellers è l'Ispettore Clouseau in uno dei ruoli che lo renderanno celebre per sempre nel mondo del Cinema. Il film è una buona dose di commedia e giallo, un mix vincente che avrà molti altri capitoli: durante la sua carriera da regista, Edwards dirigerà ben sette film sulla Pantera Rosa, l'ultimo dei quali è Il Figlio della Pantera Rosa, pellicola del 1993. Nel cast di questo ultimo capitolo c'è anche Roberto Benigni nei panni del figlio del celebre ispettore.
Nel 1965 Edwards riunisce il duo di A Qualcuno Piace Caldo (film di Billy Wilder), ovvero Jack Lemmon e Tony Curtis, per la brillante commedia La Grande Corsa.
Nel 1982 dirige la moglie e musa Julie Andrews (la celebre Mary Poppins), nella pellicola Victor Victoria film sull'ambiguità sessuale che viene considerato ancora oggi una delle commedie più interessanti del regista.
Negli ultimi anni Edwards ha diretto sempre meno film, la sua celebrità si deve alle commedie degli anni Sessanta e Settanta e alla collaborazione, durante gli anni Ottanta, con Julie Andrews. 

sabato 11 dicembre 2010

The Wall - Roger Waters in pellicola

Montreal, 6 Luglio 1977
Durante il tour mondiale dei Pink Floyd, Roger Waters, bassista e mente del gruppo inglese, sputa in faccia a un suo fan, colpevole di averlo provocato durante il concerto. Questo piccolo gesto, cambierà per sempre il volto di una band storica, questo piccolo gesto farà nascere un grandioso album che darà luce ad un ottimo film.
Ma torniamo a Waters e a quel 1977.
Resosi conto del gesto, Roger inizia lentamente a riflettere su quanto accaduto e sui motivi del suo gesto: Waters realizza che ormai si è costruito un muro, un muro che lo divide dai fan e anche dai membri del suo gruppo, sempre più in contrasto tra loro. Realizza che ormai la sua è la figura del "rocker-dittatore", amato e osannato da una folla immensa ma senza forma nè identità.
Queste e altre idee daranno vite al doppio album The Wall, uno dei tasselli della discografia colossale dei Pink Floyd.
Ma non è tutto qui: nella mente di Waters il doppio disco è solo una parte di un grandioso progetto che comprende anche un tour e un film.

Per il film Waters si rivolge ad Alan Parker, regista di Fuga di Mezzanotte e molto noto per le sue immagini crude. L'idea di Parker è quella di creare un vero e proprio film con animazioni curate da Gerald Scarfe, autore della grafica del disco. Per il ruolo del protagonista, dopo aver ricevuto il secco no di Waters, Parker si rivolge a Bob Geldolf, cantante dei Boomtown Rats. Il film viene girato in un mese e mezzo in un clima da un lato creativo e dall'altro molto nervoso, per via degli scontri tra le menti del film: Waters, Parker, Scarfe.
Nonostate un clima non certo stimolante il film fu pronto nel Maggio del 1982 per il Festival del Cinema di Cannes.
The Wall non è che la realizzazione in pellicola delle idee musicali di Roger Waters: il protagonista, la rockstar Pink, si trova in una camera di albergo e qui riflette sulla sua vita. Uno dei temi principali del film è la scomparsa del padre di Pink, morto durante la seconda guerra mondiale, il piccolo Pink viene quindi cresciuto dalla madre, una donna soffocante che cerca di ricoprire entrambi i ruoli del genitore, alienando sempre di più il figlioletto: per molti versi Pink è Roger Waters.
A scuola gli alunni sono vittime dei professori che cercano di educare al massimo gli alunni e di soffocare qualsiasi vena artistica o pensiero libero, infatti il professore bacchetta Pink per le sue libertà espressive; gli alunni della scuola vengono visti come carne da macello, in uno dei momenti più alti del film (con Another Brick in The Wall che fa da sottofondo musicale).
Cresciuto, il protagonista vede frantumarsi il suo matrimonio, dopo aver selvaggiamente distrutto una camera d'albergo e aver tentato il suicidio, Pink capisce che ormai si è costruito un muro attorno a tutto quello che lo circonda. Inizia quindi a cambiare anche il suo corpo depilandosi i peli del petto e le sopracciglia. Da rockstar diventa un dittatore, con la folla che lo acclama e ripete meccanicamente qualsiasi gesto egli faccia (ovvia citazione al movimento nazista).
La pellicola di Parker ha alcuni momenti davvero forti e tipici del suo Cinema: Pink che fa il bagno e si dimena in una piscina di sangue, Pink che si taglia le sopracciglia, gli sguardi assenti di un magnifico Geldolf. Le animazioni di Scarfe sono anche molto esplicite, in particolare in Goodbye Blue Sky dove la bandiera dell'Inghilterra diventa una croce di sangue, simbolo dei morti in guerra o durante Empty Spaces con la guerra sessuale tra alcuni fiori. Spettacolari poi le animazioni dei martelli che camminano per le strade. 


Uno dei difetti del film è l'eccessiva pesantezza, il film non è facile da seguire, anche per la regia di Parker che crea un film paranoico, folle, claustrofobico, forse esagerando. Il vocabolo guerra è quello più utilizzato per capire il film: il padre del protagonista è morto in guerra, Pink è in conflitto con la madre, la scuola, i fan, la società. 
The Wall, a distanza di trent'anni, resta comunque un capolavoro indiscusso sia musicale che filmico: sia il disco che il film riflettono gli stati d'animo della mente geniale di Roger Waters, rese ancora più affascinanti in questo magnifico film.

sabato 4 dicembre 2010

Arancia Meccanica - IL Film

Quando si apre un blog dedicato al Cinema non si può fare a meno di scrivere di alcuni capolavori che hanno reso ancora più affascinante il mondo del grande schermo. Arancia Meccanica è uno di questi film, un capolavoro di elevata statura, una pellicola modernissima ancora oggi, quasi quarant'anni dopo la sua uscita nelle sale cinematografiche.
Nel 1971, Stanley Kubrick, dopo aver letto il romanzo di Anthony Burgess decide di realizzare un film sul romanzo. L'operazione non è facile: il romanzo è molto complesso e molto difficile da leggere, essendo scritto in una maniera originale, ovvero in una lingua che prende largamente spunto dal Nadsat, slang inglese molto influenzato dal russo e usatissimo dagli studenti.
Kubrick riesce a trasformare questi dubbi che circondavano la sua idea nei punti di forza del film: la sceneggiatura, curata dallo stesso Kubrick, risulta essere praticamente perfetta. Il regista riesce a trasferire su pellicola le parole e le sensazioni che si avvertono leggendo il romanzo, il film contiene numerosissime frasi che hanno fatto la storia del Cinema, battute geniali in lingua Nadsat: ogni volta che si vede il film se ne scoprono di nuove, per questo occorre vedere e rivedere la pellicola.

La fotografia, curata da John Alcott, è minuziosa. Da questo punto di vista sembra che il film sia stato girato qualche anno fa. 
I costumi sono anch'essi molto curati: ogni personaggio del film veste in una determinata maniera. I drughi sono vestiti di bianco, colore riferito alla Morte e alla purezza. La madre di Alex, il protagonista, ha i capelli colorati di blu, il che ci fa pensare che probabilmente il film sia ambientato in un ipotetico futuro.
La regia, nemmeno a farlo apposta, è magnifica: Kubrick dirige il film con virtuosismi che aumentano ancora di più il valore di Arancia Meccanica. La cinepresa (rigorosamente a spalla) si muove dietro i personaggi, li circoda, li segue; il grandangolo invece esaspera le prospettive. I primi minuti di film mostrano subito l'altissimo livello registico del film. Numerosissimi i piani sequenza presenti nella pellicola.
La colonna sonora, famosissima, accompagna i numerosi momenti di violenza presenti nel film. Alex e i suoi amici drughi hanno un'insana passione verso la musica classica e in particolare verso Beethoven. La musica classica è fonte di ispirazione per le loro gesta, gesta violente, insane, malate, ma gesta di uomini liberi.
Proprio per questi suoi comportamenti Alex viene rinchiuso in prigione e qui subisce la 
Cura Ludovico, ovvero una soluzione che il Governo ha creato per ridurre drasticamente la violenza nell'essere umano. La Cura Ludovico trasforma gli individui: qualsiasi istinto violento viene annientato attraverso nausea e giramenti di testa. Questa soluzione però non rende più l'uomo libero. Egli diventa infatti una persona incapace di reagire e diviene addirittura vittima dello stesso sistema contro cui combatteva attivamente: importantissima in questo senso è la scena in cui Alex viene malmenato da alcuni poliziotti, i suoi ex amici diventati il braccio forte del Potere, che usa la loro violenza per seminare il terrore. 
Insomma se da un lato il Governo ha risolto il problema della violenza, dall'altro il nostro Alex non è più un uomo capace di esprimersi completamente: è un Uomo incompleto, a metà. Un Uomo così tenterebbe anche il suicidio, ed è quello che fa Alex.
Arancia Meccanica è anche una brillante fonte di domande e di riflessioni sul libero arbitrio e sul rapporto tra esso e la società. 
Un'altra questione riguarda il Potere, ovvero la sua capacità di penetrare fin dentro gli istinti umani. Fin dove può spingersi il Potere per far regnare l'ordine?
In questo senso il finale del film svela tutta l'incapacità dell'autorità, capace sì di modificare alcuni aspetti dell'individuo, ma assolutamente impotente nel toccare nel profondo l'anima di quest'ultimo.  
Queste sono solo alcune brevi riflessioni che un film come Arancia Meccanica scatena in chi vede questa pellicola, una pellicola profonda, basilare per chi ama il Cinema. 
In Arancia Meccanica c'è tutto quello che un film dovrebbe possedere: un cast meraviglioso (ottimo Malcolm McDowell), una sceneggiatura perfetta e carica di riflessioni, una colonna sonora da brividi (Beethoven, Rossini e addirittura Singin' In The Rain come non l'avete mai sentita) e un regista come Stanley Kubrick dietro la cinepresa.

martedì 30 novembre 2010

Mario Monicelli - Il Maestro Della Commedia All'italiana

Si è spento ieri, Lunedì 29 Novembre, Mario Monicelli. Il regista viareggino, 95 anni, si è suicidato, buttandosi dal quinto piano dell'ospedale dove era ricoverato. Monicelli è stato un vero e proprio Maestro, dirigendo film per oltre cinquant'anni. Inizia ad avvicinarsi al Cinema nel 1935 dirigendo I Ragazzi della Via Paal. Fino alla fine degli anni Cinquanta sarà aiuto regista di Steno, con il quale girerà parecchi film con Totò protagonista (Totò Cerca Casa, Guardie E Ladri...). 


Nel 1957 dirige uno dei suoi primi film ufficiali: Il Medico E Lo Stregone. Nel cast compaiono Vittorio De Sica e Marcello Mastroianni. Il Medico E Lo Stregone è la storia dello scontro tra un giovane medico (Mastroianni) e un "guaritore" (De Sica) il quale fa leva sull'ignoranza e sulle credenze del popolo che lo preferisce al povero dottore. Nel 1958 Monicelli dirige I Soliti Ignoti, questo film viene giustamente considerato un capolavoro. I Soliti Ignoti segna infatti la fine del neorealismo in Italia ed apre la stagione della Commedia All'italiana. Il film è la storia di un gruppo di amici che decide di organizzare un colpo. Il film viene applaudito da critica e pubblico. In particolare viene sottolineata la grande prova di Vittorio Gassman, in una delle sue primissime interpretazioni comiche. Nel film ci sono anche Tiberio Murgia, Claudia CardinaleMarcello Mastroianni e Totò. Nel 1959 Monicelli dirige La Grande Guerra, una commedia con ampi risvolti drammatici, ambientata durante la Prima Guerra Mondiale. Protagonisti sono Oreste Jacovacci (Alberto Sordi) e Giovanni Busacca (Vittorio Gassman). Il film è una visione della guerra a tratti grottesca a tratti comica, tuttavia il film denuncia anche l'assurdità di eventi bellici del genere.
Nel 1963 esce il film I Compagni, opera drammatica ambientata a Torino verso la fine dell'Ottocento. La pellicola narra la nascita del movimento operaio, in un periodo storico fatto di cambiamenti e piccole rivoluzioni. Eccezionale l'interpretazione di Mastroianni, che nel film interpreta un professore, guida spirituale degli operai. Tre anni più tardi Monicelli è alla regia de L'armata Brancaleone, commedia a colori ambientata nel Medioevo che narra le vicende di un perdente in chiave comica. Protagonista è l'immenso Vittorio Gassman, ormai diventato attore di commedie a tutti gli effetti. 


L'armata Brancaleone vede anche la partecipazione di Gian Maria Volontè. Il gruppo di amici, come in I Soliti Ignoti, cerca di compiere un'impresa epica, quasi impossibile. La loro amicizia sarà più forte di tutte le sconfitte subite. Nel 1968 esce La Ragazza Con La Pistola, una commedia girata tra la Puglia e Londra. La protagonista è un'eccellente Monica Vittiche Monicelli trasformerà in attrice di commedie, come era accaduto con Gassman dieci anni prima. Il film ebbe un notevole successo, la stessa Vitti vincerà il David di Donatello per la sua interpretazione di una donna siciliana desiderosa di vendetta. Nel 1970 il regista viareggino dirige Brancaleone alle Crociate, ottimo sequel del film di qualche anno prima. Nel 1974 dirige Romanzo Popolare, dove, oltre a dirigere Ugo Tognazzi, sceglie di collaborare con una nuova generazione di attori: Ornella Muti e Michele Placido. Nel 1975 esce un suo nuovo capolavoro: Amici Miei. Ancora una volta il filo che lega la pellicola è l'amicizia che supera tutti i problemi lavorativi, familiari ed esistenziali. Protagonisti sono infatti quattro amici ormai prossimi alla cinquantina che vivono le loro giornate facendo scherzi e burle: le famose "zingarate". Questo film corale vede la partecipazione di attori di altissimo livello: Ugo Tognazzi (il nobile Mascetti), Gastone Moschin (l'architetto Melandri), Philippe Noiret (il giornalista Perozzi), Duilio Del Prete (il barista Necchi). 


Il film risente della fine della stagione della Commedia All'Italiana: rispetto a quindici anni prima, la società italiana stava mutando, stavano mutando usi e costumi e stava cambiando anche il Cinema. Il film infatti è una commedia brillante, ma lascia spazio anche a una profonda vena malinconica. Nel 1977 Monicelli torna a dirigere un film drammatico, per la parte del protagonista sceglie Alberto Sordi, che affronta il dramma della scomparsa di un figlio. La pellicola è una critica amara verso la società e la borghesia Italiana dell'epoca, che si stava irrimediabilmente trasformando. Con questo film Monicelli segna la definitiva morte della Commedia All'Italiana e lo fa trasformando in attore drammatico uno degli attori più rappresentativi della Commedia. 
Nel 1981 torna a dirigere un nuovo film in chiave comica. Il Marchese del Grillo, è un film in costume ambientato nel 1809 che vede come protagonista il marchese Onofrio Del Grillo (Alberto Sordi), che passa le sue giornate facendo scherzi al popolo e alla sua famiglia. Anche in questo caso Monicelli critica fortemente la società dell'epoca, specialmente il suo protagonista, incastrato nei freddi meccanismi della nobiltà. L'anno successivo dirige Amici Miei Atto II, una sorta di prequel del primo, indimenticabile lavoro. Bertoldo, Bertoldino e... Cacasenno è un suo film del 1984, nuova commedia in costume che ha tra i suoi protagonisti Ugo Tognazzi, Alberto Sordi e Lello Arena. Nel 1986 dirige Speriamo Che Sia Femmina, con un cast internazionale tra i quali vanno citati Liv Ullmann, Catherine Deneuve e Philippe Noiret. Nel 1992 dirige uno dei suoi ultimi capolavori: Parenti Serpenti, un film grottesco che non perde occasione di ridicolizzare la nostra società, sempre più ipocrica e sempre più incapace di ridere.  Questa pesante critica Monicelli la riserverà anche nei suoi ultimi anni di vita, in più di un'occasione aveva spinto i giovani alla rivoluzione, anche armata, per contrastare questo sistema marcio.
Monicelli resterà un regista inarrivabile, un abile pensatore e un critico sempre attento a rappresentare il nostro Paese e i nostri vizi. 
Senza di lui il Cinema Italiano non sarebbe stato così bello da vedere e da studiare.

sabato 27 novembre 2010

Travolti da un insolito destino, il Cinema dell'impegno politico

"Bottana Industriale" 
Italia, 1974. La situazione politica nel paese è movimentata: il pericolo terrorismo regna ovunque, il Paese è diviso da profondi contrasti sociali, mentre in Parlamento il governo Rumor V (composto da Democrazia Cristiana e Partito Socialista Italiano) inizia il suo lento declino. La politica è presente nella vita degli italiani, giorno per giorno. Anche il Cinema cerca di delineare costantemente i contorni politici, Lina Wertmuller è una di quelle registe che non hai mai perso l'occasione di mostrare la politica e la società italiana nelle sue pellicole. Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto è un film che mostra due mondi, apparentemente diversi, ma che finiranno inevitabilmente per abbracciarsi appassionatamente tra loro.
Il film è la storia di Raffaella Pavone Lanzetti, un'imprenditrice del Nord che passa le sue vacanze in uno yacht con i suoi amici. Durante la vacanza Raffaella non perde occasione di umiliare i poveri marinai tra cui Gennarino Carunchio, siciliano e comunista. La situazione cambia quando un guasto al motore di un gommone costringe i due a naufragare in un'isoletta abbandonata. In quest'isoletta è Gennarino a comandare: il marinaio siciliano sa sopravvivere, sa cacciare il cibo, mentre Raffaella non riuscirebbe a cavarsela. Gennarino ne approfitta per vendicarsi di tutti i soprusi e le umiliazioni ricevute sullo yacht. Il povero marinaio diventa improvvisamente il padrone, cattivo e spietato, mentre la fredda imprenditrice diventa prima schiava e poi amante del nuovo padrone: sull'isola si ribaltano completamente i ruoli sociali. 

Durante la permanenza nasce un sentimento d'amore tra i due. Quando finalmente riescono a tornare a casa, i due, innamorati ma incastrati nel meccanismo malefico della nostra società, torneranno ognuno per la propria strada. I due protagonisti, superbamente interpretati da Giancarlo Giannini e Mariangela Melato rappresentano due estreme realtà che una volta spogliatesi delle sovrastrutture culturali scoprono di essere clamorosamente uguali. L'isola abbandonata diventa un nuovo terreno dove i contrasti non esistono e dove c'è spazio soltanto per la passione: non esistono gerarchie sociali, non esiste il Potere. Nell'isola ci sono solo un uomo e una donna che devono sopravvivere giorno per giorno.
Il film è ovviamente una pungente satira sociale, ma anche una commedia sentimentale, che ha il pregio di unire una grande ironia a momenti di struggente passione e con un finale ovviamente intriso di malinconia. 
Molto bravi e convincenti i due attori protagonisti. Giancarlo Giannini riesce a passare dallo stato di rabbioso comunista represso a padrone e amante passionale. E' inutile dire che il suo personaggio sarà quello che più pagherà il ritorno alla cosiddetta vita civile. La Melato interpreta invece un personaggio antipatico e saccente. Sull'isola saprà mostrare quell'umanità, quella passione e quel calore umano che le mancavano sullo yacht. 
Insomma Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto è un film importantissimo per il Cinema Italiano. Questa pellicola ci mostra un periodo storico della nostra società. Un periodo storico che ancora oggi è maledettamente attuale. Come questo film. 
La pellicola è stata premiata nel 1975 con il David di Donatello al miglior musicista.

sabato 20 novembre 2010

Anton Corbjin - Regista Rock

Ha fotografato alcuni dei più grandi musicisti degli anni Ottanta, ci ha regalato videoclip meravigliosi a cavallo tra la fine degli anni Ottanta e i Novanta. Anton Corbjin è stato un fotografo eccellente e un altalenante regista, come vedremo nelle prossime righe. Nato in Olanda nel 1955 coltiva la passione per la fotografia e la musica sin dall'adolescenza. A 24 anni decide di lasciare l'Olanda per trasferirsi in Inghilterra e precisamente a Londra, capitale della new wave e del post punk. Inizia a fotografare artisti come U2 e Joy Division con i quali realizza i suoi scatti più famosi.
Nel 1984 diventa regista di videoclip dirigendo, tra il 1986 e il 1993, molti  videoclip dei Depeche Mode (tra cui vanno menzionati Strangelove, Personal Jesus, I Feel You, Walking In My Shoes) ma anche un video dei Nirvana (Heart Shaped Box) e il mitico One degli U2. 

Dopo essere stato celebrato come fotografo di culto, nel 2007 Anton diventa regista di lungometraggi: gli viene infatti affidata la regia di Control, film dedicato alla vita di Ian Curtis, mente e anima dei Joy Division, che Corbjin conosceva molto bene. Per il film Anton si affida a un bianco e nero glaciale che sottolinea ancora di più la profondità della musica del quartetto inglese, una musica oscura e glaciale allo stesso tempo. Corbjin dirige un film prezioso, descrivendo Ian Curtis come quello che era realmente: un essere umano con i suoi dubbi, le sue fragilità e le sue sfortune. La pellicola verrà premiata con il British Independent Film Awards 2007, Sam Riley (l'attore protagonista) verrà premiato come miglior attore esordiente. Grazie a Control Corbjin inizia a far parlare di sè anche nell'ambiente cinematografico. 




Nel 2010, a tre anni di distanza da Control, Corbjin dirige The American, film girato in Italia (e precisamente nelle zone vicino L'Aquila) con un cast che vede tra i protagonisti George Clooney e Violante Placido. The American è, purtroppo, una pellicola scialba, povera di idee, il Corbjin regista di Control in questo film è completamente assente. The American è un film da evitare, soprattutto se si pensa che il regista del film è lo stesso che ha diretto un film come Control. Vedremo quali saranno le prossime mosse del fotografo olandese, per ora ci piace ricordarlo come regista di videoclip e di un lungometraggio da non perdere. 

sabato 13 novembre 2010

Il terzo uomo - La magia di Orson Welles

"Sai che diceva quel tale? In Italia, sotto i Borgia, per trent'anni hanno avuto assassini, guerre, terrore e massacri e hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e di democrazia e cosa hanno prodotto? Gli orologi a cucù."

La leggenda narra che Orson Welles si sia appuntato su un fazzoletto di carta questa frase poco prima di girare la sua scena, il regista e la troupe non erano a conoscenza di questa battuta, assente nella sceneggiatura del film, ma quando Welles la pronunciò tutti furono d'accordo nel lasciarla. Ancora oggi questa battuta è leggendaria e testimonia il mito di Welles.
Questa è una delle voci che girano sul film Il Terzo Uomo, pellicola del 1950 diretta dal regista inglese Carol Reed e basata sulla sceneggiatura di Graham Green con il quale collaborò lo stesso Welles.
Il film si svolge in una Vienna appena uscita dalla Seconda Guerra Mondiale: la città è divisa in quattro zone di occupazione (russa, americana, francese e inglese). Si respira un clima di caos, la Vienna di Reed è il regno dell'illegalità dove tutti hanno un segreto da nascondere: niente è come sembra in questa città oscura e misteriosa, resa tale anche dalla perfetta fotografia in bianco/nero di Robert Krasker (vincitore dell'Oscar per la migliore fotografia agli Oscar del 1951) e dalle riprese con obiettivo angolare che sottolineano ancora di più il clima irreale e nervoso che circonda i personaggi.


Tra questi vi è lo scrittore americano Holly Martins, interpretato da un ottimo Joseph Cotten, che si reca a Vienna senza un soldo per lavorare con il suo amico Harry Lime. Arrivato nel suo appartamento scopre che questi è morto a causa di un incidente stradale; vi sono molti dubbi circa la sua morte: i suoi amici sostengono che c'erano tre persone al momento dell'incidente e non due come sostiene la polizia, indaffarata a eliminare l'illegalità presente nella città e soddisfatta per la morte di quello che reputa un criminale pericoloso. Holly, da buon amico, non crede all'immagine negativa che la polizia ha di Limes e inizia le sue personalissime indagini sulla sua morte, aiutato anche da Anna Schmidt (Alida Valli), amante di Limes e ricercata dai Russi.
Il ruolo di Welles è importantissimo: la sua entrata nel film è da leggenda, il suo personaggio appare nel film per pochissimi minuti, eppure la sua interpretazione è semplicemente strepitosa, dando spessore ad un film comunque superbo.
Tutte le scene che riguardano Welles (la sua entrata in scena, le sue battute, l'inseguimento finale nelle fogne) sono ormai dei classici del Cinema, episodi intramontabili.      


Il Terzo Uomo è un classico del Cinema noir, che ha i suoi punti di forza in una sceneggiatura robusta a metà tra giallo e thriller, in un'ottima regia, in una colonna sonora coinvolgente a cura di Anton Karas e in un cast sublime. 
I maligni sostengono che Welles abbia anche diretto gran parte delle scene del film, ma anche in questo caso tutto è avvolto nel mistero: molto probabilmente è solo l'ennesima leggenda che circonda uno dei grandi del Cinema.

giovedì 11 novembre 2010

Ciao Dino!

Si è spento oggi Giovedì 11 Novembre il produttore Dino De Laurentiis. Durante la sua sua carriera di produttore, iniziata nel 1940, ha prodotto quasi 200 pellicole italiane e straniere tra cui Riso Amaro (1949), Totò A Colori (1952) primo film a colori mai realizzato in Italia, Miseria e Nobilità (1954), Guardie e Ladri (1951) e La Grande Guerra (1959) di Mario Monicelli, L'oro Di Napoli (1954) e Il Giudizio Universale di Vittorio De Sica, Capriccio all'Italiana (1968).
Famoso per il suo coraggio e la sua testardaggine ha prodotto Dune e Velluto Blu di David Lynch, La Zona Morta di David Cronenberg, Manhunter di Michael Mann e innumerevoli altri film anche in terra straniera.
Ha ricevuto il Leone d'Oro alla Carriera durante la Mostra del Cinema di Venezia del 2003.
De Laurentiis è stato un personaggio fondamentale per il Cinema Italiano. Se ne va un pilastro della produzione cinematografica italiana, un vero e proprio punto di riferimento. 

domenica 7 novembre 2010

Festival del Cinema di Roma 2010 - I Vincitori




Si è conclusa la quinta edizione del Festival del Cinema di Roma. La giuria, presieduta da Sergio Castellitto, ha decretato questi vincitori.


Marc'Aurelio per il miglior film a Kill me please di Olias Barco


Gran premio del pubblico per Hævnen – In a Better World di Susanne Bier


Marc'Aurelio al miglior documentario per De Regenmakers di Floris-Jan Van Luyn


Premio collettivo per la migliore attrice all'intero Cast femminile de La buenas hierbas 


Premio al miglior attore a Toni Servillo protagonista in Una Vita Tranquilla


Marc'Aurelio Alice nella Città (sopra i 12 anni) Adem di Hans Van Nuffel


Marc'Aurelio Alice nella Città (sotto i 12 anni) I Want To Be A Soldier di Christian Molina

domenica 31 ottobre 2010

La strana coppia - quando il Cinema faceva sognare

"Il suo fantasma girerà per l'appartamento ululando e cucinando, ululando e cucinando..."



Felix e Oscar sono uno strano duo: il primo è un romantico casalingo che si dedica alla pulizia della casa in maniera ossessiva, il secondo è un incallito giocatore d'azzardo che vive nel disordine più totale. 
Entrambi hanno un solo punto in comune: sono divorziati.
Questa è la base del film La strana coppia (The Odd Couple), film del 1968 diretto da Gene Saks
Dopo un matrimonio durato dodici anni il depresso Felix (un grandissimo Jack Lemmon) viene ospitato da Oscar (Walter Matthau), scapolo e divorziato. I due, come avrete potuto capire, sono diversissimi tra loro e infatti i litigi inizieranno subito. Felix ricorda in continuazione la moglie e i suoi figli e passa le giornate a pulire e a cucinare piatti deliziosi. Oscar, abituato al disordine e a mangiare dove e quando capita, perde subito le staffe.
In La Strana Coppia Jack Lemmon è in stato di grazia: nel film il suo protagonista è isterico e fastidioso con le sue allergie e i suoi versi fuori dal comune (la scena nel locale è favolosa).

Walter Matthau non è da meno: il suo protagonista, cinico e casinista, si limita semplicemente a vivere la vita, regalandosi ogni tanto qualche divertimento (una bella ragazza da invitare a casa) ma con Felix tra i piedi ora tutto si fa più difficile.
Insomma La strana coppia è un pellicola superba, un esempio di come dev'essere una commedia: un perfetto mix di situazioni paradossali, spesso incandescenti guidate da attori fenomenali.
I due attori statunitensi saranno sempre ricordati per questa pellicola degna della migliore Commedia Americana. I continui scambi di battute tra Oscar e Felix sono favolosi, per questo una nota di merito va a Neil Simon, autore di un soggetto e di una  sceneggiatura che strizzano l'occhio al miglior Billy Wilder. Simon cuce addosso ai protagonisti delle battute incredibili. 
La regia di Gene Saks e l'infinito talento di Jack Lemmon e Walter Matthau fanno il resto. 


La strana coppia è un film fondamentale per il Cinema Americano, nonostante in Italia sia poco conosciuto; uscito nel 1968 il film non farà che confermare la bravura di Lemmon e Matthau. I due attori lavoreranno ancora insieme nelle commedie Prima Pagina del 1974 e Buddy Buddy del 1981, pellicole entrambe dirette proprio da Billy Wilder. 
Negli anni Novanta saranno protagonisti in Due Irresistibili Brontoloni (1993) e in Due Improbabili Seduttori (1995).
Nel 1998 esce invece La Strana Coppia 2, con una nuova sceneggiatura di Neil Simon. 
Ancora oggi La strana coppia resta un film con un fascino immutato, una pellicola da dieci e lode. 

giovedì 28 ottobre 2010

Festival del Cinema di Roma 2010

 


Parte oggi, giovedì 28 Ottobre 2010, la quinta edizione del festival del Cinema di Roma. Il festival, negli anni passati, ha avuto eccellenti anteprime e ospiti da tutto il mondo come Nicole Kidman e Sean Connery.


Ecco la lista dei film in concorso quest'anno:

Dog Sweat di Hossein Keshavarz (Iran)
Five Day Shelter di Ger Leonard (Irlanda)
Gangor di Italo Spinelli (Italia/India)
I fiori di Kirkuk di Fariborz Kamkari (Iraq/Italia)
Hævnen di Susanne Bier (Danimarca/Svezia)
Io sono con te di Guido Chiesa (Italia)
Kill Me Please di Olias Barco (Francia/Belgio)
La scuola è finita di Valerio Jalongo (Italia/Svizzera)
Las buenas hierbas di María Novaro (Messico)
Last Night di Massy Tadjedin (Stati Uniti/Francia)
Little Sparrows di Yu-Hsiu Camille Chen (Australia)
Oranges and Sunshine di Jim Loach (Gran Bretagna/Australia)
Poll di Chris Kraus (Germania/Austria/Estonia)
Rabbit Hole di John Cameron Mitchell (Stati Uniti)
The Back di Liu Bingjian (Francia/Hong Kong)
Una vita tranquilla di Claudio Cupellini (Italia/Francia/Germania)

La giuria, composta da 
Sergio CastellittoNatalia Aspesi, Ulu Grosbard, Patrick McGrath, Edgar Reitz, 
Olga Sviblova, selezionerà il vincitore di questa edizione che si chiuderà il giorno 5 Novembre.

mercoledì 27 ottobre 2010

Audition - il Cinema e l'Amore secondo Takashi Miike (10 ottobre 2010)

"Kiri, kiri, kiri..."  "Più giù, più giù, più giù..." 
Ci sono film che tolgono il fiato, altri che stravolgono il modo di vedere quello che ci circonda, altri che semplicemente scioccano. Bene, Audition è un film che causa questi effetti contemporaneamente. Questo film lanciò definitivamente la carriera di Takashi Miike, regista giapponese molto apprezzato in patria ma ancora poco conosciuto qui in Italia. 
Miike ha uno stile violento, veloce e splatter con tanta azione alternata a momenti di eccessiva lentezza, i suoi film sono riconoscibili perché hanno un vero e proprio marchio di fabbrica ovvero la contaminazione di più generi filmici e la provocazione. Miike è un regista estremo che ha sconvolto il modo di fare cinema ad esempio unendo in un suo film (The Happines of the Katakuris) horror, commedia e musical. 
Ma ritorniamo al nostro Audition. 


Shigeharu Aoyama è un uomo rimasto vedovo che si prende cura del figlio Shigeiko, decide di risposarsi e per trovare moglie organizza un'audition, ovvero un'audizione per un film che non si farà mai, con il solo scopo di trovare la moglie adatta. Ayoama perde la testa per la giovane e misteriosa Asami (la bravissima e letale Eihi Shiina), ragazza fragile dal passato tanto tormentato quanto misterioso. Asami dichiara di essere stata una ballerina, di essere stata contattata da un discografico e di lavorare in un locale: i due iniziano a frequentarsi.
Questa è la storia alla base di Audition, una storia normale con un finale disturbante, vedendo i primi 60 minuti di film si ha la sensazione di trovarsi davanti a un film romantico in salsa giapponese. Vengono presentati i protagonisti, le loro fragilità, le loro solitudini, addirittura si sorride in alcune scene. La cinepresa di Miike inquadra un angolo di stanza e lascia che l'azione si svolga, la fotografia è perfetta, i dialoghi sono scarsi. Con l'avanzare degli eventi, il film romantico si trasforma in un incubo di sogni e ossessioni, di flashback che sconvolgono il protagonista e lo spettatore (che sono sullo stesso piano e condividono le stesse paure).
Senza nessun preavviso ci troviamo di fronte alla violenza e alla perversione pura. Le visioni oniriche di Aoyama iniziano lentamente a spiegare il film: scordatevi il film romantico, scordatevi la commediola giapponese. 
Il verso che fa Asami mentre gioca con gli spilli vale migliaia di urla ed è molto più inquietante dei colpi di scena di molti film horror occidentali, anche se qui di horror non c'è niente. Qui non ci sono mostri, non c'è sangue, non ci sono colpi di scena inaspettati.
Qui ci sono scene lente e macabre.
Qui ci sono telefoni che squillano, donne sedute di profilo che sorridono e sacchi che si muovono.





Tutto ha una macabra linearità e anche Asami è lineare e coerente con il suo progetto. Gli ultimi minuti di film (per chi riesce ad arrivarci) sono orribili da un punto di vista estetico ma perfetti dal punto di vista della trama. Infondo questa è una storia d'amore, i due protagonisti sono due solitudini che cercano di unirsi, sono due facce della stessa medaglia. La violenza è amore secondo Miike.

Vedendo Audition non potrete dargli torto. 

Inception - Il Sogno diventato Realtà (26 settembre 2010)

Sogni, questi sconosciuti.
Solo un regista come Christopher Nolan poteva trattare un argomento così particolare in uno stile tutto suo, uno stile che è ormai un marchio di fabbrica del suo Cinema, un Cinema capace di unire effetti speciali e riflessioni filosofiche in un unico film, cosa alquanto rara oggi.
Il regista britannico conservava questo film nel cassetto da una buona decina d'anni, quando ancora era un regista agli esordi: oggi pubblico e critica si inchinano davanti al suo ennesimo capolavoro. 
Inception è un film misterioso, lo è sempre stato; quando, qualche mese fa, uscì il trailer, sembrava di trovarsi di fronte al solito film di azione: non è così ovviamente, niente è scontato quando si parla dei lavori del regista di film come Memento e Insomnia.


Inception ha avuto una promozione tutta particolare: la trama è stata tenuta segreta fino a poche settimane dall'uscita del film, pochissime le dichiarazioni degli addetti ai lavori, set blindatissimi. Nonostante ciò il pubblico si è recato numeroso nelle sale cinematografiche, il film ha avuto incassi da capogiro e critiche entusiaste in tutto il mondo.
Per la parte del protagonista è stato scelto Leonardo DiCaprio che veste i panni di un ladro di nome Dom Cobb, un ladro di sogni che entra nella mente delle persone e ne ruba le idee più nascoste, per poi rivenderle.
Dom ha un... sogno nel cassetto: quello di tornare a casa dai suoi bambini dei quali si occupa il nonno (il sempre ottimo Michael Caine); il nostro protagonista non può rientrare nel suo Paese perchè è accusato dell'omicidio della moglie, Mal (Marion Cotillard).
Il nostro protagonista ha la possibilità di aggiustare tutto attraverso un operazione rischiosissima: Saito (Ken Watanabe) un industriale asiatico lo assume infatti per compiere un inception, cioè inserire nella mente di Robert Fischer Jr. (Cillian Murphy), erede dell' impresa rivale di Saito, un'idea: quella di distruggere la sua impresa in modo da liberarsi di un concorrente. Una volta stabilito il contatto con il giovane Robert bisognerà portarlo nel mondo dei sogni e riuscire a impiantare questa nuova idea nella sua mente.
Non sarà facile.
La missione già di per sé rischiosissima è complicata ancora di più dalla presenza di Mal che entra nei sogni costruiti dal team di Cobb e fa cadere in tentazione il protagonista: pur vedendo in lei un pericolo, egli non vuole rassegnarsi a perderla definitivamente. Mal, dal canto suo, fa di tutto per trattenerlo nel mondo onirico, il mondo dove loro due vivrebbero ancora insieme per sempre. Mal è la tentazione, il male, la seduzione, il pericolo.

Se i protagonisti del film viaggiano nei sogni, anche lo spettatore lo deve fare, nel senso che anche lui si ritrova improvvisamente in sequenze senza avere la certezza se quello che sta vedendo stia accadendo nella "realtà" oppure no: si resta storditi, confusi, per questo occorre vedere il film più di una volta, ci sono dettagli che ad una prima visione possono sfuggire.
Inception soddisfa tutte le aspettative: regia perfetta, ottima fotografia (l'onnipresente Wally Pfister), gran montaggio (il pezzo forte del film a cura di Lee Smith), buona la colonna sonora e ottimi gli effetti speciali: alcune sequenza tolgono letteralmente il fiato. 




Il cast è stellare: Leo DiCaprio è ormai a suo agio nei panni dell'eroe tormentato, dopo le grandissime prove in Shutter Island e in The Departed. Della Cotillard ho già parlato benissimo in un post di qualche settimana fa. Il resto degli attori sono una garanzia, anche perché hanno già lavorato in passato con il buon Chris. La critica ha accolto a braccia aperte questo nuova pellicola di Nolan, c’è chi ha paragonato il film a Matrix, parlando di pietra miliare del Cinema di fantascienza, chi addirittura ha accostato il nome di Nolan a quello di un certo Stanley Kubrick
Non fatevi illusioni: tra qualche anno parleremo ancora di Inception e lo accosteremo a film come Blade Runner e Matrix, com'è giusto che sia.

Michael Mann - Nemico Pubblico_Public Enemies (19 settembre 2010)

In principio fu John Dillinger, famoso rapinatore di banche durante i ruggenti Anni Trenta. Dillinger era visto come una sorta di Robin Hood moderno (aveva l'abitudine di bruciare i registi dei debiti delle banche che rapinava), ben preso si conquistò le simpatie dell'opinione pubblica e della stampa che addirittura amava le imprese del rapinatore.      
Mitiche erano le sue evasioni dai carceri degli Stati Uniti, piani perfetti che riuscivano sempre, col tempo però Dillinger attirò su di sè l'attenzione dell'FBI e in particolare del giovane Melvin Purvis che il 22 Luglio 1934 riuscì ad uccidere Dillinger, anche se non fu lui a premere il grilletto.


Durante gli anni seguenti anche il mondo del Cinema ha reso omaggio alla vita di uno dei personaggi più pittoreschi mai nati in America. Don Siegel (Ispettore Callaghan - Il caso Scorpio è tuo; Fuga da Alcatraz) nel 1957 diresse Faccia D'angelo omaggio a Baby Face Nelson, complice di Dillinger in più di una rapina. Nel corso dei decenni sono stati girati quasi venti film su Dillinger e sui suoi scagnozzi; recentemente Michael Mann ha scritto e diretto Nemico Pubblico - Public Enemies un omaggio alla vita del buon John.
In particolare Mann ricopre il periodo che va dal 1933 al 1934, il periodo più intenso della vita del "rapinatore romantico". Johnny Depp veste i panni di Dillinger, mentre Christian Bale è Purvis. Come in Heat - La Sfida due sono i protagonisti principali: il cacciatore e la preda: Mann usa il film per parlare del rapporto tra i due, dei loro obiettivi, dei loro sogni. Nemico Pubblico è un piccolo gioiellino per il regista statunitense (Heat - La Sfida; Collateral). Anche se non è un film veloce (bisogna armarsi di un po' di pazienza), resta comunque un film imperdibile per chi ama il genere gangster. La regia di Mann è maniacale: notevole uso della cinepresa a spalla per rendere più intenso il live action, ottima fotografia di Dante Spinotti da sempre collaboratore di Mann in tutti i suoi film. In Nemico Pubblico il direttore della fotografia dà il meglio di sè. 
Un applauso meritano anche le scenografie che riescono a coinvolgere pienamente lo spettatore. La sceneggiatura invece mostra qualche pecca con un finale un po' troppo banale, così come non convince appieno l'interpretazione di Bale, decisamente troppo freddo. Ottima invece la prova di Marion Cotillard, una delle promesse (mantenute) di Hollywood.    


Nemico Pubblico è anche un'analisi sull'FBI e sulle sue contraddizioni (vedere la scena, molto violenta della compagna di Dillinger che viene brutalmente picchiata da un poliziotto): non a caso si parla di Public Enemies.
Insomma Nemico Pubblico non è un film veloce e non è immediato. Scordatevi sparatorie e colpi di scena, scordatevi azione, sangue e adrenalina: lo scopo di Mann è quello di rendere più umano e vero possibile il mitico John Dillinger. Quello che esce fuori da questo lavoro è un Dillinger "umano" come tanti, con i suoi sogni e i suoi obiettivi.
Il giusto omaggio a un'epoca e a un personaggio che hanno fatto Storia.

Sofia Coppola, leonessa a Venezia (12 settembre 2010)

Anche quest'anno il Festival del Cinema di Venezia, giunto alla 67esima edizione, ha avuto il meritato successo. Grandi nomi si sono alternati sul Lido. La giuria, presieduta da Quentin Tarantino e composta da Guillermo Arriaga, Ingeborga Dapkunaite, Arnaud Desplechin, Danny Elfman, Luca Guadagnino e Gabriele Salvatores, dopo aver visionato tutti i 24 film in concorso, ha assegnato i seguenti premi:


LEONE D’ORO per il miglior film a:
Somewhere di Sofia Coppola 

LEONE D’ARGENTO per la migliore regia a:
Álex de la Iglesia per il film Balada Triste De Trompeta 

PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA a:
Essential Killing di Jerzy Skolimowski 

COPPA VOLPI per la migliore interpretazione maschile a:
Vincent Gallo nel film Essential Killing di Jerzy Skolimowski

COPPA VOLPI per la migliore interpretazione femminile a:
Ariane Labed nel film Attenberg di Athina Rachel Tsangari

PREMIO MARCELLO MASTROIANNI a un giovane attore/attrice emergente a:
Mila Kunis nel film Black Swan di Darren Aronofsky


OSELLA per la miglior fotografia a:
Mikhail Krichman per il film Ovsyanki (Silent Souls) di Aleksei Fedorchenko


OSELLA per la migliore sceneggiatura a:
Álex de la Iglesia per il film Balada Triste De Trompeta di Álex de la Iglesia

LEONE SPECIALE a:
Monte Hellman


La Coppola, figlia del più celebre Francis Ford Coppola (Il Padrino, Apocalypse Now), si aggiudica quindi il Leone d'Oro per il suo Somewhere, storia di una star del Cinema che vive nel suo mondo fatto di eccessi e stravaganze. Il contatto con la figlia lo riporterà con i piedi per terra. 
Sofia Coppola debutta giovanissima nel mondo del Cinema, recitando per molti film del padre (tra cui la terza parte de Il Padrino). 
Il debutto come regista avviene nel 1999 con Il Giardino Delle Vergini Suicide, a cui seguono Lost In Translation (2003) con cui si aggidicherà l'Oscar per la migliore sceneggiatura, e Marie Antoniette del 2006.

Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica 2010 (5 settembre 2010)

Il Festival del Cinema di Venezia è uno degli appuntamenti più attesi e amati dai cineasti.
Nel corso dei primi dieci giorni di Settembre di ogni anno vengono proiettati molti film che andranno poi a far parte della stagione cinematografica autunnale.
Ogni anno viene selezionato un presidente di giuria differente, quest'anno, per la 67esima edizione, il grande onore è toccato a Quentin Tarantino



Questi i film in concorso a Venezia secondo l'ordine di presentazione.
Black Swan di Darren Aronofsky
La pecora nera di Ascanio Celestini
Somewhere di Sofia Coppola
Happy Few di Antony Cordier
La solitudine dei numeri primi di Saverio Costanzo
Ovsyanki – Silent Souls di Aleksei Fedorchenko
Promises written in water di Vincent Gallo
Road to nowhere di Monte Hellman
Balada Triste de trompeta di Alex De La Iglesia
Venus Noire di Abdellatif Kechiche
Post Mortem di Pablo Larrain
Noi credevamo di Mario Martone
Barney’s version di Richard J. Lewis
La passione di Carlo Mazzacurati
Jusan-Nin No Shikaku – 13 Assassins di Takashi Miike
Potiche di François Ozon
Meek’s Cutoff di Kelly Reichardt
Miral di Julian Schnabel
Essential killing di Jerzy Skolimowski
Noruwei No Mori – Norwegian Wood di Anh Hung Tran
Attenberg di Athina Rachel Tsangari
Detective Dee and the mistery of phantom flame di Hark Tsui
Drei di Tom Tykwer 


Per l'Italia ci saranno ben quattro film in concorso: La Pecora Nera film di Ascanio Celestini, famoso attore teatrale al suo esordio dietro la cinepresa, in questo film Celestini è attore, sceneggiatore e regista. La solitudine dei numeri primi è invece la pellicola di Saverio Costanzo, adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo. 
Noi Credevamo per la regia del veterano Mario Martone. 
Carlo Mazzacurati presenta invece la commedia La Passione, storia di un regista fallito a cui viene data una seconda possibilità. Tra gli attori spiccano Silvio Orlando, Corrado Guzzanti e Stefania Sandrelli, senza dubbio una commedia molto attesa.
Per gli USA saranno presenti Darren Aronofsky con il suo Black Swan, Sofia Coppola con Somewhere, l'eclettico Vincent Gallo con Promises Written, Monte Hellman con Road To Nowhere, Richard J. Lewis (regista per molti episodi di CSI Miami) regista di Barney’s Version e Julian Schnabel che porta il suo Miral.
Da segnalare anche la presenza di Takashi Miike, regista giapponese molto amato in patria e regista di film come Audition, Sukiyaki Western Django (western in salsa giapponese, imperdibile per gli amanti del genere) e Yattaman (versione filmica del famosissimo cartone animato). A Venezia Miike porterà il suo ultimo lavoro: Jusan-Nin No Shikaku – 13 Assassins, storia di una vendetta guidata da ben 13 guerrieri.